uscite casa editrice Laterza mese di giugno 2017


Remo Bodei - Giulio Giorello - Michela Marzano - Salvatore Veca Le virtù cardinali Prudenza, Temperanza, Fortezza, Giustizia


Collana
i Robinson / Letture
Prezzo
12,00
ISBN
                                    9788858127636
Pagine
88
Come definirono le virtù cardinali dell’uomo i filosofi greci e cristiani? In che modo le ha interpretate il pensiero moderno e come possiamo farlo noi stessi, alla luce delle grandi questioni del mondo contemporaneo?
Quattro protagonisti della filosofia italiana ci guidano in un viaggio di conoscenza del presente e del passato.

Il brano
Remo Bodei, Prudenza
«Secondo la sua radice etimologica (da cui scaturisce anche il termine ‘provvidenza’) indica l’umana previdenza e oculatezza. Il providens – dalla cui contrazione si ottiene prudens – è chi è in grado di evitare pericoli o danni. La prudenza è, dunque, la virtù deliberativa per eccellenza che pone chi la pratica in condizione non solo di discernere il bene dal male, ma anche di prepararsi per il futuro a partire da un presente che ha fatto tesoro degli insegnamenti del passato.»
Giulio Giorello, Temperanza
«Cosa vuol dire ‘temperanti’, secondo Milton? Difendere la propria autonomia, difendere anche quella dei propri cittadini, e far sì che donne e uomini, uniti insieme, possano vivere in una società dove la parola non viene mai resa schiava di qualche volontà, proterva, intemperante. Ognuno si regoli come ritiene più opportuno – dice Milton – senza pretendere che la propria regola s’imponga contro le altre.»
Michela Marzano, Fortezza
«Il coraggioso ha paura ma, indipendentemente dalla paura, non esita a mettersi in gioco e quindi ad andare al di là della paura. Che si tratti del vile, che si tratti del temerario, che si tratti del coraggioso, tutti hanno a che fare con la paura, di fronte alla quale ognuno si pone in maniera diversa. Ecco perché non si può parlare di coraggio senza prima capire cosa sia la paura che si prova ma che, quando si è coraggiosi, si è capaci anche di bypassare. La paura è la conditio sine qua non, cioè è la condizione senza la quale non ci sarebbe la possibilità nemmeno di mostrarsi coraggiosi. Senza paura non esiste coraggio perché il coraggio consiste ovviamente nella capacità di andare al di là della paura che si prova.»
Salvatore Veca, Giustizia
«La globalizzazione ci induce a riflettere su una domanda relativamente inedita e comunque recente, difficile e tuttavia ineludibile: cos’è un mondo giusto? È dagli anni ’90 che la ricerca nell’ambito della filosofia politica, delle teorie della giustizia, della filosofia morale tende a mettere a fuoco in vario modo le caratteristiche di una teoria della giustizia globale. Possiamo accettare che giustizia, diritto, diritti, restino inchiodati entro i confini di comunità politiche chiuse, quando una vasta gamma di poteri hanno effetti che, attraversando confini e frontiere, modellano prospetti di vita di persone qua e là per il mondo senza loro responsabilità? Quanto, in una prospettiva di giustizia, dobbiamo dare valore ai confini?»
Remo Bodei è professore emerito di Filosofia all’Università di Pisa, dopo aver insegnato a lungo alla Scuola Normale Superiore della stessa città e alla University of California, Los Angeles. È membro dell’Accademia dei Lincei. Tra le sue più recenti pubblicazioni, Limite (Il Mulino 2016) e La filosofia del Novecento (e oltre) (Feltrinelli 2015). Per Laterza, tra l’altro, La vita delle cose (2009) e Generazioni. Età della vita, età delle cose (2014).
Giulio Giorello insegna Filosofia della scienza all’Università di Milano e collabora con il “Corriere della Sera”. Tra le sue più recenti pubblicazioni, Il fantasma e il desiderio (Mondadori 2015), Libertà (Bollati Boringhieri 2015) e La matematica della natura (con V. Barone, Il Mulino 2016). Per Laterza, tra l’altro, L’etica del ribelle. Intervista su scienza e rivoluzione (a cura di Pino Donghi, 2017).
Michela Marzano insegna Filosofia morale e politica alla Université Paris Descartes. Tra le sue più recenti pubblicazioni, Volevo essere una farfalla (Mondadori 2013), Avere fiducia. Perché è necessario credere negli altri (Mondadori 2014) e Papà, mamma e gender (UTET 2015). Per Laterza, Il diritto di essere io (2014).
Salvatore Veca insegna Filosofia politica alla Scuola Universitaria Superiore IUSS di Pavia Tra le sue pubblicazioni più recenti: L’idea di incompletezza. Quattro lezioni (Milano 2011); L’immaginazione filosofica e altri saggi (Milano 2012); Un’idea di laicità (Bologna 2013). Per Laterza, tra l’altro, “Non c’è alternativa”. Falso! (2014).

Melita Cavallo
I segreti delle madri Collana
i Robinson / Letture
Prezzo
16,00
ISBN
                                                                         9788858127544
Pagine
256
Uno dei più stimati giudici minorili italiani ci mostra le tante sfaccettature e ambiguità dei legami di sangue, attraverso dodici storie familiari, vere e coinvolgenti, che hanno al cuore una verità non detta e custodita nel silenzio delle madri.
L'opera
Le persone mentono con grande disinvoltura e spesso in maniera molto convincente. Lo fanno perché ritengono che coprire la verità produca un vantaggio. Questo probabilmente è vero, nel breve periodo. Ma custodire a lungo la menzogna – se questa ha trovato spazio nella dimensione più intima, che è quella dei rapporti familiari – è faticoso, e a volte impossibile.
Quando, per i motivi più disparati, il velo di menzogne si squarcia, le conseguenze rischiano di essere irreparabili.
Custode della verità nella famiglia è spesso la madre. A volte per paura, a volte per debolezza, spesso con le migliori intenzioni e in buona fede, è la donna che più di frequente si illude di poter salvaguardare l’integrità della propria famiglia continuando a mantenere un segreto. Ma quasi sempre questo si rivela un errore.
Durante la sua trentennale esperienza nei tribunali minorili di Napoli, Milano e Roma, Melita Cavallo ha ascoltato i racconti di moltissime donne: storie di violenza subite in gioventù, storie di figli abbandonati e di relazioni nascoste. E soprattutto, le storie delle figlie e dei figli adottivi che desiderano incontrare la donna che li ha messi al mondo. E alcune di queste sono, per fortuna, a lieto fine.

Il brano
«Luigi non parlava, le lacrime solcavano la sua pelle bruna e rugosa. Voleva abbracciare quelle figlie ma si sentiva impietrito; non sapeva se ne avesse il diritto dopo tanti anni di assenza, anche se non aveva mai saputo fino a quel giorno della loro esistenza. Le ragazze, da parte loro, erano affrante e confuse, e non avevano parole; apparivano pallide e svuotate di pensiero; guardavano fisso quella foto, e forse pensavano entrambe che se quell’uomo, il loro padre biologico, fosse tornato qualche settimana prima di quel fatidico Natale la loro vita sarebbe stata diversa, molto diversa.
Un segreto aveva cambiato la vita di più persone, aveva cambiato il loro destino. Tuttavia la forza e la determinazione di Melania e Manuela, la loro lotta per la verità, le aveva portate a ritrovare una storia non vissuta, a riprendersi un destino scavalcato.
Neanche loro riuscirono da subito ad abbracciare il padre appena ritrovato, ma ognuna delle due gli prese

una mano tra le sue e gliela strinse forte.»
«Dottoressa, continuò Adelina, sono riuscita a dire ‘quella cosa’ a mio marito. Secondo me perché ero un po’ addormentata e molto confusa ed emozionata, in quel frangente, poco prima di partorire. Tra le lacrime gli ho detto del bambino nato tanti anni fa e lasciato nell’ospedale, di cui non ricordo più il nome: un neonato che non ho mai visto e di cui nulla posso e voglio ricordare. Non vi so dire perché proprio in quel momento mi è venuto il coraggio di dirglielo. Forse avevo perso il controllo sui miei pensieri, e quel pensiero che avevo sempre ricacciato e tenuto dentro è riuscito a venir fuori spontaneamente. Non ricordo le parole che ho detto, ma lui mi ha detto: “Basta, non dirmi più nulla perché ti addolora, oggi dobbiamo essere felici”.»
Melita Cavallo è stata fino a dicembre 2015 presidente del Tribunale per i minorenni di Roma, dove ha portato avanti iniziative di rilevanza nazionale. Ha lavorato nel settore della famiglia come giudice minorile a Milano, Napoli e Roma. È stata presidente della Commissione per le Adozioni Internazionali, dell’Associazione Italiana dei Magistrati per i Minorenni e la Famiglia e dell’Associazione Gemme (Groupement Européen des Magistrats pour la Médiation) Italia e capo del Dipartimento per la Giustizia minorile. Per l’impegno in campo minorile ha ricevuto alti riconoscimenti, quali il Prix Femmes d’Europe 1995 dal Parlamento Europeo e la Légion d’Honneur dal Presidente della Repubblica francese nel 2012. Ha pubblicato saggi specialistici e divulgativi su tematiche familiari e minorili e partecipa come docente a corsi universitari di specializzazione. Per Laterza è autrice di Si fa presto a dire famiglia (2016).

Tito Boeri
Populismo e stato sociale Collana
i Robinson / Letture
Prezzo
9,00
ISBN
                                                                         9788858129647
Pagine
64
Interruzione del processo di integrazione europea, chiusura delle frontiere a persone e prodotti provenienti da altri Paesi, taglio delle tasse, aumento della spesa pubblica: queste sono alcune delle soluzioni del populismo al senso di vulnerabilità generato dalle sfide alla globalizzazione. A queste soluzioni semplicistiche e pericolose, Tito Boeri – economista e attuale Presidente dell’INPS – contrappone una seria analisi dei fatti, delle solide risposte e una proposta.
L'opera
«Non mi è difficile cedere alla convenzione di assimilare il processo di integrazione europea a un percorso in bicicletta coi piedi saldamente agganciati ai pedali: non ci si può fermare senza cadere». E non sembriamo accorgerci di cosa comporterebbe il cadere. Abbiamo un nemico che ha un nome preciso: populismo. Bisogna capirne la natura profonda e le ragioni del suo crescente successo elettorale. Dobbiamo mostrare perché tagliare le tasse e aumentare la spesa pubblica può nell’immediato migliorare la situazione di molte persone, ma rapidamente porta all’isolamento internazionale e al collasso del Paese, con un forte peggioramento delle stesse condizioni di vita iniziali dei più deboli. Per non dire del pesante fardello di debito pubblico che viene lasciato in eredità alle generazioni future. Perché chiudere le frontiere a persone e a prodotti provenienti da altri Paesi può sembrare un modo per proteggere la popolazione autoctona dalla concorrenza degli immigrati e dei Paesi a basso costo del lavoro. Ma una strategia politica basata sui muri ignora le possibili reazioni degli altri Paesi. Perché il protezionismo nel mercato del lavoro è di breve respiro e può rivelarsi presto controproducente. Perché una strategia politica che considera la società composta da due blocchi contrapposti – da una parte il popolo, dall’altra l’élite corrotta – porta all’eliminazione dei cosiddetti corpi intermedi della società civile.
È abbastanza per comprendere l’urgenza di dare risposte alle preoccupazioni di molti europei riguardo al futuro dello stato sociale, che siano concrete, efficaci e alternative. Un esempio? Abbiamo bisogno di monitorare la mobilità dei lavoratori all’interno delle sue frontiere per ridurre l’evasione contributiva e per prevenire potenziali abusi da parte dei lavoratori che si spostano da un Paese all’altro (è oggi possibile, ad esempio, ricevere i sussidi di disoccupazione in un Paese e lavorare in un altro Paese dell’Unione). Boeri avanza una proposta realizzabile in tempi brevi e per via amministrativa: un codice di protezione sociale che valga per tutti i Paesi dell’Unione Europea. L’European Social Security Identification Number (ESSIN) potrebbe permettere la piena portabilità dei diritti sociali tra Paesi e un migliore monitoraggio dei flussi migratori all’interno dell’Unione, impedendo il welfare shopping.
Di certo il codice unico è solo una goccia nell’oceano dei problemi che abbiamo di fronte. Ma può essere un simbolo e i simboli contano. Se vogliamo far ripartire il progetto europeo.

Tito Boeri, Presidente dell’Inps dal 2015, è stato per dieci anni senior economist all’Ocse, poi consulente del Fondo monetario internazionale, della Banca mondiale e della Commissione europea. Insegna Labour Economics nell’Università Bocconi. Tra le sue più recenti pubblicazioni, Contro i giovani (con V. Galasso, Mondadori 2007); La crisi non è uguale per tutti (Rizzoli 2009); Le riforme a costo zero (con P. Garibaldi, Chiarelettere 2011); Parlerò solo di calcio (Il Mulino 2012); Una voce riformista (Castelvecchi 2016).

Gian Enrico Rusconi
La teologia narrativa di papa Francesco
Collana
Anticorpi
Prezzo
16,00
ISBN
                                                                         9788858128749
Pagine
160
FRASE SUL PIATTO
La parola ‘misericordia’, presente in tutti i discorsi del pontefice, lascia aperte molte questioni su che cosa sia propriamente ‘la teologia della misericordia’. Anzi, più in generale, su che cosa si debba intendere oggi per teologia.

L’idea diffusa che papa Francesco sia ‘forte’ nella pastorale ma ‘debole’ in teologia è un equivoco. Dietro al nuovo sforzo ermeneutico e semantico del pontefice si intravede un abbozzo di nuova e potente teologia. Gian Enrico Rusconi ne esplora le sue conseguenze sulla Chiesa, sui laici e sulla società in generale.
L'opera
Nelle sue parole ricorrono gli appelli di solidarietà sociale per gli emarginati, i migranti e tutti ‘gli scarti’ della società, i temi della gioia dell’amore e della misericordia. La grande espressività di papa Francesco vive di una originale ‘teologia narrativa’, che è ad un tempo tradizionale e innovativa, legata al quotidiano e rivolta a tutti, credenti e non. Il pubblico al quale il pontefice si rivolge è innanzitutto il popolo della Chiesa. Ma non meno importanti sono i cattolici nominali, che sono ormai la grande maggioranza della popolazione italiana e possiedono una cultura religiosa residua, inerziale. In essa i concetti fondamentali della religione cristiana quali creazione, peccato originale, redenzione, salvezza, rimangono espressioni vaghe. Bergoglio intende riattivarle tramite una ‘teologia narrativa’, che riattualizza i fatti biblici ed evangelici presentandoli come se fossero eventi del quotidiano di oggi.
La sua narrazione teologica non è però priva di punti e di passaggi problematici. Tra questi, l’insistente motivo della ‘incondizionata misericordia’ di Dio lascia indeterminati o non-detti altri motivi religiosi tradizionalmente fondamentali quali il castigo, la punizione e l’espiazione del peccato. Bergoglio mette così in atto una faticosa ridefinizione del concetto stesso di peccato: «siamo tutti peccatori ma perdonati». Quali sono i contraccolpi teologici e dottrinali? Dove porterà questa ‘rivoluzione’? Quali saranno le conseguenze non solo nella chiesa ma nella cultura della società in generale e in particolare nella società italiana che, per quanto ampiamente secolarizzata, rimane influenzata dalle sue radici cristiane?

Gian Enrico Rusconi è professore emerito di Scienza politica presso l’Università di Torino, Fellow del Wissenschaftskolleg di Berlino, Gastprofessor nella Freie Universität di Berlino ed editorialista de “La Stampa”. Tra le sue pubblicazioni più recenti, per Il Mulino: Estraniazione strisciante tra Italia e Germania? (a cura di, 2008, ed. tedesca Oldenbourg 2008); Cavour e Bismarck. Due leader fra liberalismo e cesarismo (2011); 1914: attacco a Occidente (2014); Egemonia vulnerabile. La Germania e la sindrome Bismarck (2016). Per Laterza, tra l’altro, Possiamo fare a meno di una religione civile? (1999), Berlino. La reinvenzione della Germania (2009) e Cosa resta dell’Occidente (2012).

Una storia di successo, che ha contribuito ad affermare una nuova e positiva identità del nostro Paese a livello internazionale: è la storia del made in Italy.
Emanuela Scarpellini
La stoffa dell'Italia Storia e cultura della moda dal 1945 a oggi
Collana
Storia e SocietÃ
Prezzo
20,00
ISBN
                               9788858127629
Pagine
264
L'opera
Come è riuscita l’Italia ad affermarsi come paese di riferimento della moda a fronte del dominio secolare di Parigi e di Londra? In che cosa consiste la peculiarità del ‘modello italiano’? Perché i centri di produzione e creatività si sono spostati da una città all’altra, da Roma a Firenze e infine a Milano? E infine, durerà ancora la moda italiana?
Le risposte a queste domande non hanno a che fare solo con il mondo della produzione (artigianale e industriale) o con l’evoluzione degli stili. Bisogna invece soffermarsi su alcune dinamiche profonde della società, su quei mutamenti economici e culturali che hanno trasformato radicalmente l’Italia nel giro di pochi decenni: dal miracolo economico alla rivoluzione giovanile e politica, dal consumismo degli anni Ottanta alla globalizzazione, dall’ecologismo degli anni Duemila fino alla crisi odierna.
Il libro trasporta il lettore prima alle origini del sistema moda, quando l’Italia era il regno di grandi sarti e abilissime sartine nonché di una miriade di manifatture tessili, e successivamente agli inizi dell’industria della confezione pronta, per approdare infine all’epoca degli stilisti.
Scritto con uno stile brillante, ricco di riferimenti al cinema, alla letteratura, all’arte e al mondo dei media, questo libro offre per la prima volta un bilancio complessivo su un fenomeno che ha segnato profondamente la nostra recente storia. È il libro che mancava sulla moda italiana.

Il brano
«Roma nel dopoguerra stava vivendo un momento speciale. Grazie alla presenza di una lunga e diffusa tradizione sartoriale e avendo alle spalle una storia di grandi sarti che servivano una clientela di politici, diplomatici e turisti d’élite, la città poteva schierare molti nomi importanti. Come Emilio Schuberth, formatosi nella sartoria Montorsi, famoso per abiti di gran lusso; l’atelier Carosa, guidato dalla principessa Giovanna Caracciolo Ginetti; Alberto Fabiani, noto per i suoi capispalla; Roberto Capucci, apprezzato per le sue originali creazioni geometriche; Fernanda Gattinoni, con esperienze presso Chanel e Ventura di Milano; e poi le due forse più note: Simonetta Colonna di Cesarò, pure di casata nobiliare, che univa il suo fascino personale a uno stile moderno, attenta anche alla “moda boutique”, cioè a capi un po’ meno esclusivi

riprodotti artigianalmente in piccole quantità; e le sorelle Fontana, originarie di Parma, rinomate per il loro impeccabile taglio, che divennero famose come sarte dei divi (a cominciare da Tyrone Power che scelse Roma e i loro abiti per sposarsi). Ad esse si accompagnavano sartorie da uomo del calibro di Brioni (creata da Nazareno Fonticoli e Gaetano Savini), Angelo Litrico e soprattutto Domenico Caraceni. Ed è interessante notare che molti grandi sarti lavoravano in quella che stava diventando una zona specializzata nel lusso, tra via Condotti e via Frattina, creando quindi una precisa geografia dell’alta moda.»
Emanuela Scarpellini, esperta di storia dei consumi e della cultura materiale, è docente di Storia contemporanea all’Università degli Studi di Milano e ha insegnato a Stanford e Georgetown negli Stati Uniti. Per Laterza è autrice di L’Italia dei consumi. Dalla Belle Époque al nuovo millennio (2008, pubblicato in inglese da Oxford University Press) e A tavola! Gli italiani in 7 pranzi (2012, pubblicato in inglese da Palgrave Macmillan).

Chi furono gli italiani che colonizzarono l’Etiopia? Cosa speravano? Come vissero e come parteciparono al progetto di una società ideale, razzialmente pura e perfettamente fascista?
L'opera
Il 9 maggio 1936, dal balcone di piazza Venezia, Mussolini annunciava agli italiani la «riapparizione dell’Impero sui colli fatali di Roma». L’Etiopia, fin dai tempi della disastrosa battaglia di Adua del 1896, era stata l’oggetto del desiderio del colonialismo italiano. Gli italiani per decenni l’avevano voluta, sognata, avevano ucciso ed erano morti per possederla.
Il duce aveva piani grandiosi: eliminare l’emigrazione all’estero popolando l’Etiopia con milioni di italiani, che avrebbero dato vita a una società ideale, produttiva, razzialmente pura, e perfettamente fascista. In decine di migliaia risposero all’appello, lasciarono le loro case e partirono, convinti dalla propaganda del regime che avrebbero potuto fare fortuna in una terra ricca di opportunità. La realtà sarebbe stata molto diversa, e questo libro la racconta. L’attenzione è quindi non sugli eventi bellici, ma sull’esperienza di vita degli italiani che vi si trasferirono. Dove e come emigrarono? Fecero fortuna? Quanto fu diversa la loro quotidianità da quella vissuta in Italia? Come interagirono con gli etiopici e con il regime? Le risposte a queste domande sono state ricercate nelle memorie e nei diari scritti dai coloni, nelle lettere inviate da questi alle famiglie, e nei rapporti riservati dei diplomatici francesi e britannici. Il risultato è la storia degli uomini e delle donne che colonizzarono l’Impero, con i loro sogni e le loro aspettative, le loro esperienze e i loro giudizi su questa breve, ma decisiva, esperienza Oltremare.

Emanuele Ertola, laureato alla Sapienza Università di Roma, ha conseguito il dottorato di ricerca presso l’Università di Firenze. La sua tesi di dottorato ha vinto ex aequo il premio “Ivano Tognarini” 2016. Ha lavorato come ricercatore e archivista. Si occupa di storia del colonialismo e della decolonizzazione, con particolare attenzione all’emigrazione italiana nelle colonie e alle sue conseguenze sulla società e la cultura. Ha pubblicato studi in riviste e volumi in Italia e all’estero.
Emanuele Ertola
In terra d'Africa Gli italiani che colonizzarono l'impero
Collana
Storia e SocietÃ
Prezzo
20,00
ISBN
                             9788858127674
Pagine
264

Umberta Gnutti Beretta Diana Bracco Alida Forte Catella John
Elkann Elisabetta Lattanzio Illy Francesco Micheli Letizia Moratti
Patrizia Sandretto Re Rebaudengo Giovanna Forlanelli Rovati Anna Zegna Filantropie Sfide e visioni delle famiglie imprenditoriali italiane
Collana
Itinerari Laterza
Prezzo
15,00
ISBN
                                     9788858128725
Pagine
176
I protagonisti, le esperienza, i nuovi campi e i nuovi settori di intervento della filantropia privata italiana negli anni 2000, direttamente dalla voce dei suoi protagonisti.
L'opera
Questo libro vuole dare voce a una via italiana della filantropia privata, mediante il coinvolgimento di persone e famiglie che hanno una esperienza concreta sul campo. Non si vuole offrire ai lettori una collezione di progetti sociali o iniziative filantropiche, ma raccogliere dalle esperienze di ciascuno una visione comune della filantropia ‘made in Italy’. Il valore della filantropia – e la sua identità distintiva nell’ambito del settore non profit – sta nella sua capacità di integrare una visione strategica specifica con esperienze, saperi e competenze che vengono dal mondo della produzione, dell’economia, delle relazioni istituzionali, della politica, della cultura.
I contributi raccolti evidenziano nuove sfide e opportunità, confronti rispetto alle realtà più avanzate e idee ed esperienze innovative: nell’arte, nell’educazione, nella tutela dell’ambiente e del territorio, nella ricerca di strumenti filantropici innovativi e nel business sostenibile. Tutte, comunque, con un obiettivo comune: contribuire a trovare una strada per creare un mondo migliore.
L’autorevole postfazione di Innocenzo Cipolletta contribuisce a raccogliere le idee intorno a questo tema e a capire meglio le peculiarità e le sfide che la filantropia italiana deve ancora affrontare per diventare, pur nella diversità dei vari approcci e iniziative, una voce unita nel dibattito sociale nazionale.
Scritti di
Diana Bracco • John Elkann • Giovanna Forlanelli Rovati • Alida Forte Catella • Umberta Gnutti Beretta • Elisabetta Lattanzio Illy • Francesco Micheli • Letizia Moratti • Patrizia Sandretto Re Rebaudengo • Anna Zegna

Giovanni Fiandaca
Prima lezione di diritto penale Collana
Universale Laterza
Prezzo
14,00
ISBN
                                                                         9788858126769
Pagine
208
A firma di un maestro riconosciuto, autore di uno dei più diffusi manuali di diritto penale, un quadro completo e accessibile delle questioni al centro della disciplina.
L'opera
Il libro offre un quadro dei temi e dei problemi di fondo da conoscere per un approccio consapevole al diritto penale contemporaneo.

Vengono presi in esame innanzitutto gli interrogativi di fondo: che cosa va punito? Perché? In che modo? Vengono affrontate e definite poi le categorie fondamentali della responsabilità, come causalità, dolo, colpa. Ancora, con uno stile espositivo piano e senza eccessivi tecnicismi, si affronta l’evoluzione di concetti come quelli di legalità penale, reato, pena e responsabilità soggettiva, ecc., esplicitando le non rare contraddizioni tra l’elaborazione teorica e la concreta prassi giudiziaria.
Il libro dedica grande attenzione infine al ruolo sempre più determinante della giurisprudenza nell’esperienza penalistica contemporanea.
Oltre ai temi fondamentali della materia, che permettono l’utilizzo del volume come lettura preliminare o integrativa rispetto al consueto studio manualistico del diritto penale, il libro propone originali spunti di riflessione sui possibili nessi tra teoria e prassi del diritto penale, a partire dalla consapevolezza dei mutamenti sociali e politico-culturali in atto.

Giovanni Fiandaca insegna Diritto penale, di cui è uno dei maggiori studiosi, presso l’Università di Palermo. È stato membro del Consiglio superiore della Magistratura, ha presieduto due commissioni ministeriali di riforma in materia di criminalità organizzata e attualmente è Garante dei diritti dei detenuti per la Regione siciliana. Autore di un noto manuale di diritto penale edito da Zanichelli, di opere monografiche e di numerosi saggi, per i nostri tipi ha pubblicato La mafia, le mafie. Tra vecchi e nuovi paradigmi (con Salvatore Costantino, 1994) e La mafia non ha vinto. Il labirinto della trattativa (con Salvatore Lupo, 2014).

Giovanni Bietti
Mozart all'opera Le nozze di Figaro, Don Giovanni, Così fan tutte
Collana
Economica Laterza
Prezzo
12,00
ISBN
                                                                         9788858128879
Pagine
316
Uno dei migliori divulgatori musicali di oggi ci conduce all’interno delle tre opere italiane di Mozart – Nozze di Figaro, Don Giovanni, Così fan tutte – analizzandole dal punto di vista drammaturgico e musicale. Corrado Augias, “Il Venerdì di Repubblica”
Giovanni Bietti – comunicatore maieutico, custode amabile e tuttavia fermissimo della civiltà musicale d’Occidente – riesce a darci con queste pagine una sorta di ordinato manuale di altissima qualità, in cui tutto si colloca armoniosamente e al proprio posto: le idee generatrici, le fonti, i libretti, la vicenda compositiva, la fortuna di Mozart presso il pubblico. Una grande lezione di stile. Quirino Principe, “Il Sole 24 Ore”
A molti la trilogia di opere creata da Mozart e Da Ponte può ricordare quelle belle sconosciute che si incrociano a teatro e incantano al primo sguardo. Capita spesso di rivederle e di sentire rinnovato il loro incanto. Si vorrebbe sapere tutto di loro, ma a chi chiedere? Giovanni Bietti accompagna il lettore alla scoperta della musica, spiegando come Mozart abbia dato vita a tre creazioni che ancora oggi stupiscono il loro pubblico. Liana Püschel, “L’Indice”
L'opera
«Mi basta sentir parlare di un’opera, essere in teatro, sentire i canti – oh, sono completamente fuori di me.» Da questa inquietudine, che Mozart rivela in una lettera al padre, nascono la perfetta razionalità delle
Nozze, il visionario miscuglio di generi del Don Giovanni, il taglio geometrico e sperimentale di Così fan tutte.
Con la guida di Giovanni Bietti, alla scoperta di tre capolavori, tre esempi della perfezione di un genio.

Giovanni Bietti è compositore, pianista e musicologo. È uno dei conduttori delle Lezioni di Musica, seguitissima trasmissione di divulgazione musicale che va in onda tutti i week end su Rai Radio3. Tiene regolarmente concerti-conferenze presso molti dei più prestigiosi Enti italiani, tra i quali il Teatro alla Scala, l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia e il Teatro dell’Opera di Roma, il Teatro La Fenice di Venezia, il Teatro Petruzzelli di Bari, il Festival Mito-Settembre Musica di Torino e Milano, l’Orchestra da Camera di Mantova, il Festivaletteratura della stessa città, il Teatro Lirico di Cagliari, il Teatro Massimo di Palermo.
Come pianista collabora con artisti di fama internazionale. Per Laterza è autore di Ascoltare Beethoven, pubblicato nel 2013 e più volte ristampato.

Mario Liverani
Uruk la prima città Collana
Economica Laterza
Prezzo
10,00
ISBN
                                                                         9788858128886
Pagine
146
Nella bassa Mesopotamia del IV millennio a.C. si compie il salto dalla ‘barbarie’ neolitica alla ‘civiltà’ storica, ossia alla complessità organizzativa dello Stato, della vita urbana, dell’amministrazione e della scrittura.
L'opera
Come e dove si passò per la prima volta dalla società di tipo preistorico a quella storica in senso pieno? Nel Vicino Oriente, e piuttosto in Egitto o in Mesopotamia? Oggi si ritiene che l’evoluzione sia stata policentrica, e che in ogni caso sia da studiare in quanto tale, senza preconcette graduatorie. E però, tra i tanti casi esistiti e studiabili, quello di Uruk o della bassa Mesopotamia alla fine del IV millennio mantiene di fatto un suo ruolo privilegiato. Si tratta probabilmente del caso più antico di tutti; si tratta del caso meglio documentato; e presenta un interesse particolare per il nostro mondo occidentale che da esso deriva – attraverso passaggi complicati e tutt’altro che univoci – tanta parte dei suoi elementi di civiltà. Restano però aperti al dibattito i grandi problemi relativi al processo di statalizzazione. A quali esigenze rispondeva la nuova organizzazione politica ed economica? Chi furono gli autori (coscienti o meno) dei mutamenti in corso? Perché il processo fu così precoce nella bassa Mesopotamia? Si trattò di una rapida ‘rivoluzione’ oppure di un progressivo adattamento? Quale fu il peso dei fattori ecologici, tecnologici, demografici, socio-economici, politici e ideologici? Quale fu il ‘successo’ dell’esperimento di Uruk e quali modificazioni subì nella sua espansione spaziale e nella sua persistenza nel tempo?
A queste domande, Liverani risponde in maniera chiara ed esauriente, avviandoci, attraverso questo esempio storico, a intendere i modi in cui l’umanità è balzata dalla preistoria alla storia.

Mario Liverani, professore emerito di Storia del Vicino Oriente antico all’Università di Roma La Sapienza, ha tenuto corsi in molte università americane ed europee. Ha collaborato e collabora a scavi in Siria (Ebla), in Turchia (Arslantepe) e in Libia (Acacus). È autore di L’origine della città (Roma 1986), Akkad, the First World Empire (Padova 1993) e Myth and Politics in Ancient Near Eastern Historiography (London 2004). Per Laterza ha pubblicato: Guerra e diplomazia nell’Antico Oriente. 1660-1100 a.C. (1994); Oltre la Bibbia. Storia antica di Israele (2003); Antico Oriente. Storia società economia (nuova edizione 2011); Immaginare Babele. Due secoli di studi sulla città orientale antica (2013); Assiria. La preistoria dell’imperialismo (in corso di pubblicazione).

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Zàffiro o zaffìro? Province o provincie? Cancellare o scancellare? Ossequente o ossequiente? La sindaca o la sindaco? Non sempre è così facile scegliere la pronuncia, la grafia, la forma giusta. E le cose si complicano ancora di più quando si entra nel campo dei verbi (ho dovuto partire o sono dovuto partire?) e della sintassi (alla festa c’era una ventina di persone o c’erano una ventina di persone?).
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Prontuario presenta in ordine alfabetico circa 1000 argomenti e dubbi relativi a tutti gli aspetti e i livelli della lingua italiana, fornendo risposte che riguardano la grammatica, l’analisi logica e del periodo, ma anche la formazione delle parole e il loro corretto uso. Si va da sintetiche voci generali come Congiunzione o Numerali, a singoli dubbi specifici ai quali si dà una risposta immediata e sicura: nòcciolo o nocciòlo? nòcciolo se è il guscio del seme o il centro di qualcosa; nocciòlo se è l’albero.
Di oltre duecento verbi si riportano tutte le reggenze relative alle diverse costruzioni (
mettiti il cappotto, ma mettersi al lavoro o a lavorare, mettersi in giacca e cravatta, mettersi contro qualcuno, Anna si è messa con Andrea) e di altrettanti verbi irregolari o difficili si riportano tutte le forme che possono suscitare incertezze ( Cuocere: passato remoto còssi, cuocésti, còsse, cuocémmo, cuocéste, còssero).
Grazie all’ordine alfabetico, quello che serve a risolvere un dubbio o a imparare una regola si trova in un attimo: praticamente il tempo di un clic. Con la differenza che ciò che si trova nella rete con un clic non sempre porta la firma di uno studioso serio e apprezzato sia dal grande pubblico sia dalla comunità scientifica.

Giuseppe Patota, professore ordinario di Linguistica italiana nell’Università di Siena, è tra l’altro accademico corrispondente della Crusca e socio corrispondente dell’Accademia dell’Arcadia. Ha al suo attivo circa cento pubblicazioni scientifiche, didattiche o divulgative dedicate alla lingua italiana, alla sua storia e al suo insegnamento. Alcuni suoi lavori sono stati tradotti e pubblicati in Francia e in Giappone. È consulente linguistico di Rai Scuola per la realizzazione di programmi finalizzati all’insegnamento dell’italiano a stranieri. Per Laterza ha pubblicato La grande bellezza dell’italiano. Dante, Petrarca,
Giuseppe Patota
Prontuario di grammatica L'italiano dalla A alla Z
Collana
Economica Laterza
Prezzo
10,00
ISBN
9788858128893
Pagine
202

Boccaccio (2015). 

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